Lettera agli italiani e a chi ce la sta mettendo tutta, ma proprio tutta, per superare l’epidemia da Coronavirus.
Lettera ad un’Italia che non molla, a chi, nonostante tutto, ci crede ancora, perché il prezzo da pagare è troppo alto.
Lettera a chi sta rischiando la propria vita tra le corsie di un ospedale, nell’inferno dei corridoi.
A chi si vede la morte in faccia ogni giorno e che, per quanto brutta possa essere, deve continuare ad andare avanti e a non fermarsi, anche se questo, un giorno, cara Italia, ti si leggerà sul volto, quando, quello stesso volto, che ha visto la morte negli occhi, sarà indelebilmente segnato dalla stanchezza e dall’orrore.
Si, quell’orrore di dover prendere decisioni, perché non è possibile fare altrimenti, di dover fare i conti con la propria coscienza, tutti i giorni, di non fermarsi a pensare, anche se quei pensieri ti tormenteranno poi ogni notte e ogni giorno…per sempre.

Una lettera per dirti che noi, qui fuori, siamo quelli che ci lamentiamo perché “si stava meglio quando si stava peggio”, ma tutto sommato ci saremmo lamentati comunque.
Voglio però dirti anche che, quando ti vedo bardata dietro a quelle mascherine e penso a quanta umanità c’è in fondo ad un sorriso celato, accennato solo con gli occhi, mi viene un nodo in gola.
Sei una forza, una guerriera, e non solo perché fai il tuo lavoro, come lo avresti sempre fatto, ma perché nei tuoi occhi c’è un’umanità disarmante.

“Voi parlate di numeri, noi curiamo delle persone”, questo ho sentito dire da uno dei medici che in televisione si rammaricava del numero ancora troppo alto di morti a causa del coronavirus.
Ma tu, Italia, quella vera, quella che ha un cuore grande, ti ho vista, sai?
Ti sei spesa fuori ai balconi per acclamare i nostri “guerrieri” e per sentirti meno sola.
Noi siamo un popolo festoso, e anche nella tristezza facciamo sentire che ci siamo e che siamo vicino ai nostri combattenti stando all’interno delle nostre abitazioni, in quarantena, facendo torte e pizze.

La malattia ci fa paura, il contagio di un virus invisibile ci mette ansia e anche il solo andare a fare la spesa diventa un momento in cui infiliamo una corazza, non ben precisa, perché non abbiamo ancora ben capito contro chi esattamente stiamo combattendo, ma ci armiamo, per quel che possiamo.
Allora ci distraiamo ai fornelli con nuove ricette da condividere poi sui social. Così ci sentiamo meno soli.
E siamo tutti lì, dietro il vetro delle nostre finestre, a contare chi casualmente passa sotto il balcone a portare il cane o a fare la spesa o solamente per guardare la luna che illumina una Terra unita per la prima volta in un’unica battaglia.
Che desolazione, che tristezza, ma devo ammetterlo, quanta umanità.
Se qualcosa l’ho imparata da questa quarantena, cara Italia, è che la ricchezza ce l’abbiamo dentro, dentro il nostro cuore, nella condivisione, nei momenti che dedichiamo mente e corpo alle persone che ci sono accanto e non importa se vicine fisicamente o attraverso lo schermo.
Ci siamo fermati, finalmente!
Ma, cara Italia, tu ci conosci meglio di chiunque altro, quando tutto sarà finito ritorneremo a correre più veloci di prima e a dimenticarci nuovamente di te.
Abbi pazienza, e perdonaci, noi …siamo fatti così!

Ma almeno abbiamo avuto il “privilegio” di fermarci per un pò e di avere avuto l’opportunità di vedere il mondo da un’altra prospettiva.
Chi è al fronte, invece no. Ha, anzi, dovuto accelerare, e raccogliere ogni giorno il dolore di chi ha lasciato frammenti di sé, ma non ha potuto fermarsi, neanche per piangere, perché questa malattia non lo consente. Allora si va avanti, senza indugio, perché sono troppi e in troppi a contare su di te…
A te che sei l’unica speranza in un momento di riflessioni e di tragedia, a te dedico questa mia lettera.
A tutti i medici, infermieri e operatori sanitari, perché sappiate che il vostro operato ci sta rendendo orgogliosi di questa patria che troppo spesso calpestiamo e rinneghiamo.
Resistete, perché, come diceva il nostro Eduardo De Filippo, Adda passà ‘a nuttata!

Bellissima lettera che condivido totalmente. Però aggiungo io c’è un’altra Italia. Quella di chi è in pensione ma tutti i giorni esce a comprare il pane, incurante del contagio. C’è l’ Italia che va in spiaggia e dice ai poliziotti che tanto non ha paura del virus. Un’ Italia che fa la grigliata sui tetti, si scatena in balli di gruppo e fuochi d’artificio a Pasqua. Aggiungiamo anche chi organizza truffe inventandosi di produrre mascherine e farmacie che le vendono a 60 euro (l’ho sentita io) Ritorneremo a correre e ci rialzeremo: se si potrà fare. Quanti negozi, artigiani, attività rimarranno aperte? In tutto questo, malgrado sia tutto fermo, le bollette vanno avanti, le tasse non le fermano, non parliamo dei nostri poveri conti. Speriamo ci si possa riprendere e grazie a tutti quelli che finora ci hanno aiutato.
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Purtroppo questa Italia è quella più triste e ahimè anche quella più “rumorosa”, per fortuna non è la maggioranza ma purtroppo è quella che ci rappresenta nel mondo.
Io però credo e confido in quell’Italia che si è proposta in migliaia per andare ad aiutare medici ed infermieri al fronte e che si è inventata la spesa sospesa o il paniere sospeso, nei miei sogni vincerà questa Italia …nella realtà purtroppo dovremmo fare sempre di più i conti con l’Italia perfettamente descritta da te…
Grazie per il tuo commento, hai aggiunto interessanti spunti di riflessione a ciò che stiamo vivendo!
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